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venerdì 10 luglio 2015

Tempi glaciali - Fred Vargas

Post precedentemente (e quando dico precedentemente intendo due minuti fa) pubblicato qui.

Avviso: questa non è una recensione.

Insomma, stiamo parlando di Vargas.
Certe cose semplicemente non le puoi spiegare

Abbiamo aspettato un sacco, prima di vederla tornare. Fred, io ero arrabbiatissima con te! Come potevi, continuavo a chiedermi ogni volta che qualcuno ti nominava, aver messo da parte Adamsberg, Danglard, Retancourt e tutti gli altri per scrivere trattati filosofici e simili? Ognuno deve continuare a fare ciò in cui eccelle. Tu sei semplicemente meravigliosa, quando racconti.
Ma insomma, eccoti di nuovo qui. E ci sono proprio tutti, tutti quelli del ciclo del Commissario migliore di tutta la letteratura.
Non voglio assolutamente svelare nulla, vi propinerò quello che troverete anche da tutte le parti.

Si è mobilitata tutta l'Anticrimine del tredicesimo arrondissement di Parigi sul caso dei due apparenti suicidi. Il coltissimo capitano Danglard, grande estimatore di vino bianco, l'energica Violette Retancourt, lo specialista in pesci d'acqua dolce Voisenet. Ma soprattutto lo svagato, irresistibile, «spalatore di nuvole», il commissario Jean-Baptiste Adamsberg. Tutto inizia col ritrovamento di due corpi e la scoperta di uno strano simbolo scarabocchiato accanto a ciascuno di essi. Ma come sempre accade nelle storie di Fred Vargas, questo non è che l'avvio di una avventura che finirà per snodarsi in mezza Europa tra una balzana setta di adepti della Rivoluzione francese e una gita in Islanda finita in tragedia.

«Conosceva Adamsberg da abbastanza tempo per sapere che, nel suo caso, la parola "riflettere" non aveva alcun significato. Adamsberg non rifletteva, non si sedeva da solo a un tavolo, impugnando una matita, non si concentrava davanti a una finestra, non ricapitolava i fatti su un tabellone, con frecce e cifre, non appoggiava il mento su una mano. Vagolava, camminava senza far rumore, ciondolava da un ufficio all'altro, commentava, andava avanti e indietro a passi lenti, ma nessuno l'aveva mai visto riflettere. Sembrava un pesce alla deriva. No, un pesce non va alla deriva, un pesce persegue il suo obiettivo. Adamsberg faceva pensare piuttosto a una spugna, sballottata dalle correnti. Ma quali correnti?» 
 
In realtà, volevo provare a spiegarvi quanto mi piaccia Vargas, e perché sotto sotto io sia convinta che chiunque non sia disposto a darle una possibilità o due commetta davvero un grosso errore.
Vargas è poesia.
Non è una giallista standard, questo si è capito. Di tanto in tanto si allontana così tanto dal filo del discorso che non ricordi nemmeno chi accidenti fosse stato ucciso per ultimo. Ma, nel suo non essere schematica, semina uno ad uno tutti gli indizi, lasciandoteli trovare, se sei abbastanza attento.
E poi, e poi... Ogni suo personaggio è un fiore prezioso, tanto che dopo tanti anni di riletture non riesco ancora a decidere quale sia il primo preferito.
Forse Armel, che mi piaceva così tanto da portarmi a scegliere il suo nome per un personaggio di una storia che stavo scrivendo.
O Veyrenc, che parla in rima e il suo colore dei capelli stupisce sempre tutti, con quel sorriso sghembo e tremendamente affascinante.
O Froissy, che come me mangia e non ingrassa, e ha sempre paura di finire il cibo, che nasconde da tutte le parti.
Questo, naturalmente, per non parlare dei personaggi principali.
O dei tre storici. 

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