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martedì 23 dicembre 2014

Ragazze mancine - Stefania Bertola

 Devo ammettere che questo è il periodo delle letture leggere. Prima di sbilanciarmi sulla Bertola ho fatto quello che con la Gamberale non mi era riuscito: non mi sono fermata al primo libro, ho continuato a leggere per farmi un'idea un po' più completa.
 Oltre a Ragazze macine, a cui si riferisce il titolo, ho letto anche Biscotti e sospetti, prestato da un'amica, e La soavissima discordia dell'amore, finito circa cinque minuti fa. Mi sono piaciuti tutti e tre, ma devo dire che Ragazze mancine è quello che più mi ha colpito.
 Stefania Bertola ha uno stile particolare, un modo tutto suo di raccontare le storie e di far muovere i personaggi. Per quanto sia una lettura leggera, non è un'autrice che consiglierei a chiunque. Bisogna avere una certa elasticità di pensiero per lasciare che le cose scorrano, ma poi t'innamori, e non puoi più fare a meno di vedere come va a finire.
 Il particolare forse che mi ha più catturata è il fatto che ci siano dei piccoli dettagli che uniscono le sue storie.
 Oltre alla location, una città come Torino, che lei conosce bene, alcuni riferimenti, come l'ape dell'amore, citata sia in Ragazze mancine sia ne La soavissima discordia dell'amore.
 Ma veniamo alla trama: Eva e Adele sono molto diverse tra loro, hanno caratteri che talvolta trovano un'armonia, ma più spesso stridono. Sono loro due le protagoniste di questo romanzo, che racconta tutte le vicende che si attorcigliano intorno alla loro convivenza semi-forzata. Entrambe (oserei dire ovviamente) s'innamorano, ma alla Bertola non basta, non si ferma tutto qui: è uno specchio sulla società attuale, sulla ricerca della ricchezza e di una posizione sociale, su di quanto queste due cose si rivelino, alla fine, di poco conto; un racconto sulla difficoltà delle dinamiche familiari, su quanto sia difficile trovare qualcuno che, pur "costretto" da un legame di sangue, non scelga di fare il proprio comodo ma di aiutare un parente che chiede appoggio.
 Credo sia questo che, sostanzialmente, mi piace della Bertola: quel qualcosa in più che si può scovare tra le righe di ogni suo romanzo.

mercoledì 3 dicembre 2014

Quattro etti d'amore, grazie - Chiara Gamberale

 Quando si tratta di autori così vicini a me, e con una produzione che supera i due libri, sono sempre un po' restia a sbilanciarmi su quello che penso. La Gamberale è piuttosto conosciuta, è appena uscito il suo nuovo libro in collaborazione con Gramellini (che adoro), e io ho letto solo una piccola parte di tutto ciò che è uscito dalla sua penna - e dalla sua testa.
 Comunque sia, è stata una bellissima scoperta, per una come me che raramente legge romanzi scritti da donne, e raramente scritti da italiani.
 Le due protagoniste della storia sono Erica e Teodora, due figure molto diverse, che non riescono mai ad interagire veramente l'una con l'altra. Erica è una madre di famiglia con un passato alle spalle che nasconde qualche piccolo segreto, e Tea è un'attrice che sembra avere tutto ma che in realtà è avvolta da un velo di melanconiche difficoltà.
 Nessuna delle due è perfetta, nessuna è completamente all'interno di quello che si potrebbe definire uno stereotipo. Non sono personaggi di cui t'innamori alla prima riga, o alla prima battuta. Sono personaggi reali, pieni di sfumature, che talvolta adori, comprendi, e che invece capita che t'infastidiscano.
Il libro si legge in fretta, a me è capitato quasi di divorarlo. Vuoi arrivare alla fine della storia, una storia così simile al reale, come se sbirciassi la vita di qualcuno, mentre segui, una dopo l'altra, il corso delle pagine.