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mercoledì 25 marzo 2015

Hunger Games (La trilogia)- Suzanne Collins



Chi di voi avrà, anche solo per sbaglio, sentito parlare degli Hunger Games?
Quanti tra quest’ultimi ha mai sentito parlare di Battle Royale?

Che la Collins, autrice della popolarissima saga di Hunger Games, si sia ispirata proprio a Battle Royale sembra ai più evidente; mentre per quanto mi riguarda non tratterò l’ipotesi di plagio, sostenuta da alcuni, piuttosto volevo analizzare il mondo post-apocaliptico creato dalla stessa.
Partendo dal principio, dovete scusare questo piccolo gioco di parole, la trama è piuttosto semplice: Katniss Everdeen, sedicenne protagonista della trilogia, vive con la madre e la sorella Primrose nel distretto dodici. Il nuovo governo si basa sul terrore praticato dalla capitale, caso vuole si chiami… ora che si è creato il giusto pathos, lo posso dire: Capitol City.
Il centro nevralgico della città stessa è rappresentato dal cattivissimo presidente Snow, che come ogni buon cattivo da rispettarsi ha un suo animale guida, a cui assomiglia terribilmente: un serpente; anche questa non ve l’aspettavate, scommetto!
Ad ogni modo Capitol City per affermare il suo dominio su tutta Panem e i dodici distretti decide di regalare al pubblico un po’ di divertimento attraverso un reality: così come i munera gladiatoria stavano al popolo romano, così gli Hunger Games stavano agli abitanti di Capitol City. Esattamente come guardare i tentativi di sopravvivenza dello star system italiano nell’isola dei famosi e chiedersi perché lo fanno. La differenza sostanziale credo siano i soldi, ma questo è più o meno lo stesso movente dei favoriti dei distretti uno e due.
Forse è il caso di fare un passettino indietro e di focalizzarci sul vero punto della trama, il triangolo amoroso in cui si ritrova la nostra protagonista che per ben due libri sostiene di non voler stringere legami amorosi…per una che non vuole un ragazzo averne due deve essere un vero tormento.
Chi scegliere tra il migliore amico Gale, famoso casanova del loro distretto, e il timido Peeta Mellark da sempre innamorato di lei, che le ha perfino salvato la vita lanciandole delle pagnotte di pane che aveva fatto cuocere leggermente più del dovuto, anche se le conseguenze sarebbero state un paio di sberle da parte della madre?
Una scelta difficilissima per la giovane, il cui punto di vista è unico e fuorviante. Capisco che le condizioni in cui viva con la sua famiglia non sia delle migliori, ma potrebbe fare a meno di lamentarsi di ogni ramoscello sul suo cammino insomma.
La critica che mi sentirei di fare all’autrice in questo momento è: perché? Perché un punto di vista unico, per di più di una come Katniss, che diciamocelo…non è proprio miss simpatia?
Sarebbe stato più interessante ed esauriente spostare il narratore di tanto in tanto, anche durante i giochi, vedere solo Katniss che si arrampica sugli alberi non è emozionante. Volevi ricreare l’atmosfera dei giochi all’ultimo sangue dell’antica Roma? Non ti piace Roma, allora preferisci Battle Royale? Allora mostra il sangue come si deve, mostra il gruppo dei favoriti, ad esempio. Altrettanto vero è, però, che di libri per adolescenti o young adults si tratta; quindi non condanniamo la povera Collins per questo!
Trovo molto interessante proprio il contorno entro cui si svolgono tutte queste situazioni: a partire dal motivo per cui vengono creati gli Hunger games, di come la gente di Capitol City, avvezza a ogni tipo di lusso, non si intenerisca di fronte a bambini costretti ad ammazzarsi solo per una guerra combattuta settantaquattro anni prima e di cui non hanno alcuna colpa. Vi sembrerà strano che io abbia usato il termine bambini, ma in effetti di questo si tratta. Il reality prevede, infatti, che ogni distretto dia ogni anno due tributi, uno maschio e uno femmina tra i dodici e i diciotto anni, e che questi combattano tra loro fino ad avere un unico vincitore.
Da qui ci ricolleghiamo alla trama, la nostra Katniss non sembrava proprio destinata ad essere estratta per questi giochi, ma la sorellina Prim che aveva una sola possibilità su cento di essere estratta lo è stata. Katniss dunque, per amor di sua sorella si offre volontaria al suo posto, e indovinate un po’: chi sarà scelto come tributo maschio? Ebbene, il povero Peeta, che nessuno della sua famiglia sembra amare, per cui i suoi fratelli più grandi hanno deciso di non immolarsi.
Il resto della trama ve lo risparmio poiché suppongo che per sommi capi la sappiate già, nel caso contrario c’è sempre internet: http://it.wikipedia.org/wiki/Hunger_Games_%28serie%29. L’idea della Collins, per quanto non brilli di originalità, mi è molto piaciuta per il mondo di contorno attorno cui ha sviluppato le vicende.
Ribaltando questo mondo sul nostro possiamo notare delle facili somiglianze con la politica attuale, ma anche con quella del passato. Si può dire che l’autrice abbia voluto trasmettere qualcosa al pubblico verso cui è rivolta la sua opera, che in fondo non è tanto male. Insegna qualcosa, per quanto la bontà dei protagonisti sia stucchevole, nella realtà nessuno è così buono, ma nei libri tutto è possibile.
Il terrore in ogni caso non è la migliore arma di governo, se basta una ragazza per fomentare una rivolta.
Ergo, se qualcosa non ci piace del mondo in cui viviamo possiamo provare a cambiarlo, anche nel proprio piccolo si può fare molto.

Buoni settantaseiesimi Hunger Games a tutti!

3 commenti:

  1. Sono d'accordo con tutto, soprattutto su quanto sia limitante il pov di Katniss: per quanto sia interessante la discrepanza tra come lei si sente e come viene percepita all'esterno, essere bloccati nel suo punto di vista fa sentire in trappola (soprattutto nel primo libro, dove la sua strategia è stare lontana da tutti).
    È uno dei casi dove ho preferito i film ai libri, perchè nei film hanno dato più spazio al quadro generale della storia, infinitamente più interessante delle lagne di Katniss.

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    1. Io non ho visto i film, e mi sono limitata al primo libro in quanto lettura, ma credo che avrei considerato interessante se il secondo libro fosse stato scritto utilizzando, per esempio, il pov di Peeta...
      Quindi sono d'accordo con te!
      Grazie per essere passata, a nome mio e di tutte le altre blogger (mi sono infilata qui ma la recensione non è mia :P)

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    2. Ciao Katerina, grazie per il tuo commento :)
      Anche io ammetto di aver preferito il film, per molti versi: in primis perché i pensieri di Katniss non monopolizzano l'attenzione, e per il cast che hanno scelto.
      Io ovviamente parteggio per Peeta...ma si era capito! XD

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