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martedì 6 gennaio 2015

Chiamate la levatrice - Jennifer Worth




Tra i buoni propositi per il 2015, come ogni anno, c'è lo scrivere una breve recensione per ogni libro letto, qualcosa che mi faccia ricordare perché ho adorato un libro o l'ho ritenuto una perdita di tempo, cosa che spesso si perde nella mia memoria.
Avendo convinto la mia talìa ad aprire un blog letterario il proposito è diventato quasi un obbligo.
Chiamate la levatrice ho desiderato leggerlo dal momento in cui ho scoperto che era un libro, non solo il sottotitolo di una fiction di Rete4 (e qui aprirei una luunga parentesi sull'importanza dei titoli: L'amore e la vita mi fa pensare a una soap opera un po' insulsa, Chiamate la levatrice, semplice, senza punteggiatura, mi sembra immediatamente più serio e appetibile) e non mi ha deluso.
Non la chiamerei una biografia: l'autrice ci racconta episodi che risalgono al periodo, negli anni Cinquanta, in cui ha lavorato come levatrice a domicilio nel degradato East End di Londra, con le altre levatrici e le suore del convento Nonnats House.
I capitoli sono per lo più scollegati tra di loro, mi hanno fatto pensare agli aneddoti di una vecchia zia: Mi ricordo benissimo il mio primo parto prematuro...
Tutte le donne descritte, suore e madri, sono delle sopravvissute, non solo alla guerra ma a ogni genere di disagio, i pregiudizi, la povertà', a tutto ciò che mi fa pensare "Non ce la farei mai". Il tutto senza risultare in alcun modo patetico o sentimentalista; i racconti sono quasi scarni, ma ben dettagliati dal punto di vista medico, eppure riescono a far trasparire la giusta dose di emozione: ansia per un parto difficile, disgusto misto a pena per le misere condizioni delle Docklands, perplessità davanti a certi tipi di umorismo "volgare", ciò che io stessa proverei in quelle occasioni.
La narratrice c'è ma non si vede quasi per niente: non credo sarei in grado di descriverla, come non saprei descrivere il presentatore di uno show, sebbene non manchi di esprimerci i suoi giudizi.
Perché mi è piaciuto tanto? Non so dirlo, forse perché le storie sono vere e non è difficile crederlo, nonostante siano spesso straordinarie.
A questo punto, se la Sellerio decidesse di tradurre anche i due libri successivi gliene sarei molto grata!

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